Cagliari, le lettere inedite dell'ex presidente Eni. E gli interrogativi sul carcere
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"Il carcere e i suoi problemi, la sua gestione paradossale, sono argomenti che devono interessare la gente: il mondo non è fatto di buoni e cattini; tutti possono essere a volte cattivi, anche se siamo normalmente buoni". A 25 anni di distanza, riemergono da una soffitta - e dai ricordi privati del figlio, Stefano, autore del libro "Storia di mio padre" insieme a Costanza Rizzacasa d'Orsogna per Longanesi - le lettere di Gabriele Cagliari, all'epoca presidente dell'Eni, morto suicida a San Vittore, dopo l'arresto durante Mani Pulite. Parole che ci interrogano - ancora oggi - sul mondo delle carceri, in attesa da 40 anni di una riforma, e su alcuni meccanismi della Giustizia, su cui torna anche l'ex pm Gherardo Colombo: "bisogna anche nelle indagini riconoscere la persona, vedere il volto dell'altro", scrive. "Ogni suicidio per noi è una sconfitta, ti fa chiedere se abbiamo fatto abbastanza", riflette Luigi Pagano, all'epoca direttore del carcere di San Vittore.