Nel percorso umano e sportivo di Arthur Ashe si intrecciano molte storie e avvenimenti. Dalla nascita in Virginia nel 1943, Stato ancora soggetto alle leggi della segregazione razziale, alle difficoltà di farsi strada nel mondo del tennis, da sempre appannaggio dei bianchi, la vita di Ashe si è scontrata con la fatica di doversi guadagnare il rispetto degli altri. Amato da tutti, corretto in campo e fuori, attento a dare sempre il meglio di sé, Ashe è stato per anni il paladino di chi rivendicava i propri diritti con l'esempio e il lavoro quotidiano. Il campione di Richmond è stato uno dei tennisti più apprezzati dal pubblico: vincitore di 3 tornei del Grande Slam, primo tennista nero a vincere a Wimbledon, nel 1975, capitano in Coppa Davis negli anni di Connors e McEnroe, idolo di tennisti più giovani che, come Yannick Noah, gli hanno dedicato parole bellissime. Dopo un intervento chirurgico, nel 1988 contrasse il virus dell'Hiv in anni in cui la malattia stava mietendo le prime vittime e portava con sé un immaginario di nuova peste del secolo. Sempre in prima linea per la difesa dei diritti civili storiche le sue battaglie anti apartheid in Sudafrica a fianco di Mandela Ashe non lasciò che la malattia distruggesse la sua voglia di combattere e negli ultimi anni di vita scrisse questo libro, "Gorni di grazia" (ora edito in Italia da Add editore) che è insieme un testamento struggente e vitale, un racconto degli anni d'oro del tennis con aneddoti e personaggi memorabili e un inno alla libertà. Ashe scrisse il libro con Arnold Rampersad scrittore e giornalista americano, finalista per la biografia di Ralph Edison per il Premio Pulitzer e nella cinquina del National Book Award.
Campione straordinario in campo, Ashe fu capace di esserlo anche - e forse soprattutto - fuori, divenendo protagonista della lotta dei neri d'America per il riconoscimento dei propri diritti: "L'incontro con Nelson Mandela fu di certo il più importante della sua storia - sottolinea Mauro Berruto, l'ex ct della Nazionale azzurra di volley maschile che ha presentato "Giorni di grazia" al recente Salone del Libro di Torino -; e al tempo stesso, quell'incontro e l'impegno civile di Ashe ci ricordano come sia ingenuo e sbagliato immaginare lo sport come slegato ed estraneo alla politica, alla società in cui è immerso, e di cui è parte ed espressione"...
Ma che tipo di tennista era Arthur Ashe? Paolo Bertolucci, uno dei campioni della generazione d'oro del tennis italiano, lo incontrò più volte come avversario:" Era un tennista sublime, leggero, con un perfetto timing nel colpire la palla. Sarebbe protagonista anche nel tennis di oggi? Certo, sulle superfici veloci sarebbe ancora tra i più forti, e anzi avrebbe tratto vantaggio dai progressi di materiali e attrezzi che oggi caratterizzano il gioco", spiega Bertolucci...