Focus economia08/05/2023

In Italia in 30 anni è raddoppiato il gap salariale tra le generazioni

In Italia ci sono lavoratori sempre più anziani e i giovani guadagnano sempre di meno rispetto ai colleghi più attempati ...

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In Italia ci sono lavoratori sempre più anziani e i giovani guadagnano sempre di meno rispetto ai colleghi più attempati. È la fotografia scattata da uno studio, tuttora in divenire dal titolo "Paesi per vecchi, analisi del divario salariale per età", realizzato da Matteo Paradisi Nicola Bianchi. Nello specifico avere meno di 35 anni nel 1985 in Italia voleva dire, in media, guadagnare circa il 20% in meno dei colleghi ultra 55enni. Sono bastati tre decenni per fare precipitare le cose: nel 2019 il divario è in sostanza raddoppiato e ora la differenza "generazionale" dei salari è di circa 40 punti percentuali. Tra le ragioni che emergono dallo studio la principale ragione della tendenza dei salari risulta essere uno spillover negativo delle carriere. Insomma: i lavoratori più anziani creano congestioni, ingorghi. Tengono le posizioni migliori e non lasciano spazio ai giovani, meno esperti, che devono attendere a lungo per salire nelle gerarchie. Per quanto riguarda l'invecchiamento dei lavoratori: nel 1985 l'età media degli addetti era di 35,8 anni, nel 2019 (anno a cui si riferiscono gli ultimi dati disponibili) era salita a 42,7 anni, il 19% in più. Una tendenza che diventa tragica che si considera che in Italia ogni 100 pensioni Inps ci sono 111 lavoratori attivi, e il conto scende a 103 se si escludono i professionisti che versano i contributi alle Casse private. E in 39 province su 107, quasi tutte al Centro-Sud, gli occupati sono meno degli assegni previdenziali. In Calabria il record: 67 lavoratori per 100 pensionati. Ne parliamo con Matteo Paradisi, assistant professor all'Istituto Einaudi per l'Economia e la Finanza (Eief), Gianni Trovati, del Sole 24 Ore.

Banche regionali americane ancora sotto pressione
Janet Yellen alza l'asticella della paura e ospite a This Week sulla ABC agita lo spettro della "crisi costituzionale" se il Congresso non alzerà il tetto del debito entro giugno, quando l'Amministrazione avrà esaurito i fondi per pagare obbligazioni e piani federali. Il segretario al Tesoro si muove fra timori di una recessione e tenuta del sistema bancario scosso dalle turbolenze degli istituti regionali, una ragnatela di 4 mila sigle che dall'11 marzo ha visto il fallimento di tre delle maggiori. Se l'effetto contagio non c'è stato dall'altra parte le vendite sul mercato delle azioni dei bancari è proseguita senza sosta. Inoltre l'indice finanziario dell'S&P 500 dopo i picchi del 2021 è ora a un passo dal valore del 2007, vigilia della grande crisi. Uno studio di quattro economisti, fra cui Amit Seru di Stanford, fatto in marzo e aggiornato di recente, ha scoperto che ci sono 186 banche regionali in pericolo a causa dello squilibrio fra depositi non assicurati e declino del valore degli asset. Il caso SVB ha consentito di accendere un faro: almeno il 10% delle banche regionali ha attualmente una condizione di capitalizzazione e potenziali perdite più seria di quella della banca della Silicon Valley. Approfondiamo il tema con Alessandro Plateroti, Direttore di Notizie.it.

L'italiana Olidata torna in Borsa e si prepara alla sfida nello scenario globale delle nuove tecnologie
A inizio aprile Olidata, azienda storica del settore ICT in Italia, è stata riammessa oggi da Borsa Italiana alle negoziazioni sul mercato Euronext di Milano, dopo il via libera della Consob avvenuto nei giorni scorsi. Il ritorno alla quotazione di Olidata era atteso da migliaia di piccoli azionisti, che sono stati preservati e tutelati durante questo lungo periodo. Con l avvio del nuovo percorso industriale, Olidata si pone come Innovation Partner per i clienti, con l obiettivo di accompagnarli nel processo di transizione digitale in cui è impegnato il Paese. I fronti sono numerosi: Big Data&Analytics, Cyber Security, Artificial Intelligence, Internet of Things, Software Development e ICT Infrastructure. Olidata immagina una crescita dei ricavi dagli attuali 49,3 milioni ad oltre 63,2 milioni a fine 2025, con un risultato economico netto previsto di 1,2 milioni nello stesso anno e un incremento del margine operativo lordo a circa 2,6 milioni pari al 4,1% dei ricavi. Ne parliamo con Cristiano Rufini, presidente del Cda di Olidata.

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