Nell'estate del 2015 muore di cancro il neurologo e scrittore Oliver Sacks. In uno di suoi scritti finali confida: "non posso fingere di non avere paura. La mia attuale sensazione predominante, però, è di gratitudine". Un pensiero degno di un uomo che per tutta la sua vita ha voluto e saputo creare un rapporto fortissimo con i suoi pazienti e che negli anni, attraverso i suoi saggi, è stato capace di restituire la dignità della propria storia personale a tanti malati mentali. Forse perché lo stesso Sacks ha dovuto affrontare i suoi stessi demoni, dalla dipendenza da anfetamine alla propria omosessualità, negata dalla famiglia e da lui stesso.
Il risultato è che, non solo con il suo lavoro, ma con la sua stessa esistenza, Sacks ha dimostrato che la sede dell'umanità di tutti noi non è il cuore, ma il cervello.
A cura di Francesca Filiasi
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