Condannato all'ergastolo per una lunga serie di reati che lo definiscono come l'uomo che tra il 92 ed il 95 è stato braccio e mente delle peggiori atrocità commesse durante il conflitto. Tre anni di assedio a Sarajevo lentamente strangolata ed il massacro di ottomila musulmani nell'enclave di Srebrenica, la peggiore esecuzione di massa in Europa dalla Seconda guerra mondiale. Il giudice Alphons Orie ha descritto per quasi un'ora - entrando nei dettagli - il ruolo avuto dall'ex generale nei diversi momenti. Ha raccontato l'uomo che è entrato nella guerra come maggiore di stanza in Kosovo e ne è uscito 4 anni dopo come comandante supremo degli 80mila uomini dell'esercito dei serbi di Bosnia prima di rifugiarsi in Serbia. Se per molti quello di oggi è un atto dovuto alla storia non mancano però le critiche di chi la considera una vendetta anti-slava. In patria e nel mondo slavo il 74enne militare resta per molti un difensore della causa serba: per questo - dopo la sentenza - nella parte orientale di Sarajevo decine di manifestanti hanno manifestato accusando l'Europa di uso politico della giustizia. Una divisione lacerante che il presidente serbo Vucic - equilibrista con un passato ultranazionalista - cerca di ricomporre nella diplomazia: "Nessuno è sorpreso di questa sentenza - ha detto a Belgrado - ma ora il nostro compito è guardare al futuro".