Gli speciali di Radio2404/11/2019

I VIAGGI DI RADIO 24 - Berlino. Il sogno tradito. In Europa sono sorti 16 muri in trent'anni

La caduta del muro di Berlino, il 9 novembre 2019, doveva significare ...

  • di Valentina Furlanetto e Raffaella Calandra

La caduta del muro di Berlino, il 9 novembre 2019, doveva significare per l'Europa la fine dei confini e delle barriere. I politici dissero "mai più". Ma da allora muri, recinzioni e barriere si sono moltiplicati. Sono di cemento, di acciaio, ma si tratta anche di barriere tecnologiche, con raggi infrarossi e droni. Fortificazioni erette per il timore del terrorismo e delle migrazioni. Radio 24 attraverso il racconto delle nostre inviate sul posto vi racconta quell'evento, la caduta del muro, e vi propone ogni giorno un viaggio attraverso i muri in Europa oggi.

Quinta tappa: "Wir sind das volk, wir sind das Volk". "Noi siamo il popolo, noi siamo il popolo". Corrono sulle facciate degli edifici di Alexander Platz le immagini di 30 anni fa, quando il Muro spezzava ancora il cielo sopra Berlino. Tutt'intorno, si festeggia la notte che ha cambiato la storia. E dagli altoparlanti, la voce di David Bowie continua a celebrare gli "eroi" di allora. Ma quella barriera di cemento e filo spinato, simbolo per 28 anni della cortina di ferro, continua idealmente a dividere, nelle paure e nelle insoddisfazioni, le due parti della Germania.
"Oggi, mi sono considero fortunato, di poter festeggiare il 30esimo anno senza il Muro e la ritrovata possibilità per tutti noi di vivere come vogliamo, di parlare, di spostarci. Di essere liberi. E' una gioia incredibile".
Sotto il tendone di strisce colorate, fatto dei desideri di migliaia di persone, che alla Porta di Brandeburgo celebra il 30esimo anniversario dalla caduta del muro, Peter Bibier ritrova la gioia di quel 9 novembre, lui che dalla DDr era riuscito a fuggire- a differenza delle circa 200 vittime del muro, per cui ogni giorno si celebra una messa nella Cappella della Riconciliazione. Peter si nascose in un mobile, ma fu poi arrestato per aver aiutato altri a lasciare Berlino Est. "Sono scappato - ci racconta ora- proprio come fanno oggi i migranti".
A Berlino, però, nonostante i festeggiamenti, quell'ubriacatura di gioia del 1989 è come evaporata sotto l'effetto della crisi, avvertita soprattutto ad est, e di una riunificazione da tanti considerata non compiuta. Così una ricerca di Open Society registra - sintetizza il direttore Goran Buldiosky - "un crescente pessimismo in metà dei tedeschi, che soprattutto ad est lamentano di essere trascurati". E i dati delle elezioni lo confermano.
Ma domani sera, quando il maestro Daniel Barenboim dirigerà l'orchestra alla Porta di Brandeburgo, come 30 anni fa, nella città sarà solo di nuovo il momento degli abbracci. Per la ritrovata unità. (Dalla nostra inviata a Berlino Raffaella Calandra)

Quarta tappa: la rotta balcanica - I migranti lo chiamano The Game. E' il gioco disperato di chi tenta di arrivare in Europa attraverso la rotta balcanica, ufficialmente chiusa dal 2016 grazie all'accordo dell'Unione europea con la Turchia, in realtà resa solo più difficile. Lungo il tragitto diversi muri, per lo più di recinzioni, di filo spinato e lamette. L'80% dei migranti inizia "il gioco" infilandosi nella "giungla" come i migranti chiamano i boschi attorno a Velika Kladusa la cittadina bosniaca ad un passo dalla Croazia e inerpicandosi sulle montagne per passare la frontiera. A Bihac, l'angolo a nord ovest della Bosnia, più vicino al confine croato con l'Unione europea, è un imbuto dove arriva una media di 100 migranti al giorno, vive Paola Lucchesi, presidente dell'associazione Centar za Odrzivi Razvoj "Una" (Centro per lo sviluppo sostenibile) "Quando provano ad attraversare vengono picchiati" dice. Il campo di Vucjak, fuori città, dovrebbe tamponare l'emergenza che si è creata pure a Bihac. Il campo sorge su una ex discarica. Un altro centro per migranti messo a disposizione dal governo è Hadzici, una cittadina a venti chilometri da Sarajevo pesantemente bombardata dalla Nato nell'estate del 1995. Una cittadina con un'elevata incidenza di tumori a causa della contaminazione del terreno di uranio impoverito.

Terza tappa: Calais, tra Francia e Gran Bretagna - Costruito nel 2016 e costato 3 milioni di euro il muro anti migranti di Calais dà forma concreta a quel pasticcio che da qualche anno chiamiamo Brexit. Tuttavia il muro non ha impedito e non impedisce che i migranti continuino ad attraversare la Manica o almeno a provarci. Talvolta con esisti drammatici. L'ultima volta è toccato ai 39 vietnamiti morti nella cella frigorifera di un tir trovato a Grays vicino a Londra il 22 ottobre. Avevano pagato 34 mila euro a persona per quel viaggio. In quel caso il tir non era partito da Calais, ma dal porto di Zeebrugge, in Belgio, una rotta più lunga e pericolosa. Ma sempre più battuta tanto che il 27 agosto sulla spiaggia del paese belga era stato scoperto il corpo di un 48enne iracheno che aveva provato ad attraversare la Manica a nuoto con un giubbotto salvagente artigianale, costruito con bottiglie di plastica vuote. Ed era iracheno anche Muhammas che ho incontrato nell'aprile 2018 a Bardonecchia. "Voglio andare in Francia dall'Italia, ma il mio sogno è la Gran Bretagna" diceva, infilandosi dei sacchetti di plastica sopra le scarpe da ginnastica per affrontare di notte il passo del Colle della Scala, innevato e con temperature che arrivavano a -15°. (di Valentina Furlanetto)

Seconda tappa: Melilla, enclave spagnola in Marocco - Da una parte il mare, su tre lati un muro di 7 metri sormontato da filo spinato doppio. Melilla è un posto unico: è sia una città che una comunità autonoma della Spagna, ma si trova in Africa, in Marocco; è una delle uniche due frontiere di terra tra Europa e Africa. La Spagna ha eretto il muro per non far passare i migranti. L'Europa lo ha finanziato con 30 milioni. Tuttavia i migranti continuano a passare. "Ho scavalcato il muro - dice Alpha 19enne della Guinea - non volevo passare dalla Libia dove torturano i migranti". Silvia Gabrielle lavora per Unhcr a Melilla: "Arrivano persone traumatizzate in fuga dalla guerra". (di Valentina Furlanetto)

Prima tappa: quanti sono e a cosa dovrebbero servire - L'Europa, dove nel 1989 venne abbattuto il muro di Berlino, promise mai più muri sul suo territorio. Oggi ce ne sono 16 per quasi mille chilometri di recinzioni, barriere, filo spinato, radar. La paura di attentati terroristici e i flussi migratori hanno portato il vecchio continente a chiudersi come una fortezza. Passano droga, merci, tabacco, ma non passano gli uomini. Ha iniziato al Spagna che tra il 1995 e il 2005 ha isolato Ceuta e Melilla, le due enclavi che possiede in Marocco. Poi i paesi baltici, infine nel 2015 sono sorte recinzioni fra Francia e Gran Bretagna, in Norvegia, Svezia, Austria, Ungheria, Polonia, Slovenia, Grecia, Bulgaria, Macedonia. Periodicamente si parla poi del progetto di un muro fra Italia e Austria e fra Italia e Slovenia, mentre fra Italia e Svizzera esiste già una barriera virtuale fatta di un intenso pattugliamento di Berna con droni e satelliti sul confine. Fra Francia e Italia nessun muro ma il passo di Bardonecchia è pattugliato e i respingimenti dei minori hanno creato spesso tensioni fra Parigi e Roma. (di Valentina Furlanetto)

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