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Liberata Mosul, qui nasceva l'Isis
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Ora l'esercito balla, sulle antiche rovine. E torna a sventolare la bandiera irachena sulla riva del Tigri, laddove prima i drappi neri incorniciavano la sfida del Califfato. Mosul è stata liberata. E il premier iracheno Al Abadi arriva, per dare ufficialmente l' annuncio, che da giorni era nell'aria. Soprattutto da quando, era stata distrutta la stessa moschea Al Nuri, dal cui pulpito Al Baghdadi nell'estate del 2014, si autoproclamava capo dell' Isis. Un simbolo, la moschea, un simbolo l'intera Mosul, una delle capitale del Califfato, insieme a Raqqa. E i simboli - si sa- in guerra, come in politica, a volte pesano più della realtà, che racconta di ultime sacche di resistenza di jihadisti. Ma dopo 9 mesi di assedio, il governo di Baghdad aveva fretta di annunciare la riconquista, anche per riscattare la fuga tre anni fa dell' esercito, ora addestrato dagli americani. Così, la comunicazione istituzionale fa il giro del mondo, insieme alle immagini delle devastazioni di quella che era la seconda città dell'Iraq. In questi mesi, quasi un milione di civili ha camminato su un tappeto di macerie, per sfuggire ai bombardamenti. E chi è rimasto, ora implora aiuto.
La liberazione di Mosul non significa la cacciata dell'Isis dall'intero Iraq, ma di sicuro la riduzione dei suoi territorio e un colpo- tanto più duro- quanto più simbolico.
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